Ho male all’anca

Patologia dell'anca
PUBALGIA o GROIN PAIN

Con il termine generico “pubalgia”, “groin pain” in inglese, si intendono tutti quei quadri dolorosi riferiti alla zona pubo-inguinale tipica dei soggetti sportivi.

Si tratta fondamentalmente di una patologia ricollegabile ad una condizione di sovraccarico tendineo dei muscoli che prendono origine/inserzione nella suddetta zona. La sintomatologia può protrarsi per diversi mesi e può essere scatenata da un trauma acuto o da microtraumi ripetuti.

Letteralmente il termine pubalgia ha un significato vago ed impreciso (dolore al pube), per cui in medicina si definisce sindrome retto-adduttoria. Esistono in letteratura scientifica almeno 72 cause di dolore pubico, ma la stragrande maggioranza di queste si possono identificare come sindromi da squilibrio funzionale dei muscoli che sottendono al bacino.

 

Se non adeguatamente riabilitata la pubalgia rischia di andare incontro a cronicizzazione, con un quadro di dolore difficilmente eliminabile che si accompagna, talvolta, ad un importante calo della qualità della vita.

Il trattamento è esclusivamente conservativo e si basa su esercizio terapeutico e terapia manuale decontratturante dei distretti muscolari spesso coinvolti. Spesso è importante integrare le terapie in palestra con un ciclo di manipolazioni vertebrali in grado di risolvere eventuali blocchi articolari a livello del bacino. Dopo aver ribilanciato la muscolatura e iniziata la corsa sul tappeto in palestra è possibile passare alla terza e ultima fase del protocollo riabilitativo: quella del recupero del gesto sportivo in campo. È la fase più delicata del trattamento perché si può assistere ad un costante miglioramento della forza muscolare, ma durante l’esecuzione del gesto sportivo si possono accusare fastidi nei muscoli interessati. Concettualmente l’atleta deve arrivare a effettuare più attività fisica sul campo con lo stesso fastidio e poi, grazie anche al giusto mix di scarico (attraverso il massaggio) e ricondizionamento (con l’esercizio fisico mirato), il dolore può diminuire progressivamente. Alla dimissione è fondamentale eseguire il programma di mantenimento di esercizi specifici per la gestione del rientro in squadra e la prevenzione dal re-infortunio.

ARTROSI e PROTESI d’ANCA

L’artrosi dell’anca o coxartrosi è una malattia degenerativa dell’articolazione tra il bacino e il femore (coxo-femorale).

Si tratta in particolare dell’infiammazione e della degenerazione della cartilagine che ricopre l’articolazione dell’anca.

I tentativi di riparazione naturale del corpo accentuano la formazione di ossificazioni periarticolari, i così detti osteofiti, che finiscono per ostacolare meccanicamente il movimento riducendo gli spazi articolari.

L’artrosi all’anca può insorgere su articolazioni sane o essere conseguenza di malformazioni o traumi, è più frequente nelle donne e nei pazienti in sovrappeso. Ci sono poi alcuni fattori che aggravano il fenomeno dell’artrosi precoce come ad esempio l’attività lavorativa svolta, la perdita di calcio nelle ossa, la conformazione dell’articolazione e l’atteggiamento posturale che l’articolazione assume durante le attività quotidiane.

Nei casi molto avanzati di artrosi dell’anca, quando i sintomi diventano invalidanti, si può optare per l’intervento chirurgico di protesi d’anca.

In genere l’intervento viene consigliato in pazienti oltre i 60 anni, sia in considerazione della durata delle protesi, sia perché con l’età la richiesta di prestazioni fisiche è minore.

L’intervento di protesi d’anca permette il recupero di una buona qualità di vita, e la risoluzione del dolore con una durata della protesi che supera i 10 anni nel 90% dei casi.

 

I rischi legati ad un’artrosi precoce sottovalutata sono legati all’inevitabile peggioramento del quadro clinico fino ad una degenerazione tale della qualità della vita da arrivare alla necessità di una protesi in giovane età, che comporterà quasi sicuramente almeno una revisione chirurgica nel corso del tempo.

Nel caso dell'artrosi all'anca, un trattamento riabilitativo ben condotto mira alla riduzione del dolore, al recupero del movimento articolare, alla ripresa di una vita attiva e al rallentamento dell’evoluzione della malattia. Il percorso riabilitativo, basato sull’esercizio terapeutico, deve essere associato a calo ponderale, riduzione di lavori fisici eccessivi e alla scelta di attività fisiche e sportive adatte. Attraverso gli esercizi riabilitativi che sfruttano proprio il movimento, si cerca di conservare il movimento stesso, di ridurre e prevenire l’indebolimento muscolare, di combattere gli atteggiamenti viziati e di mantenere una buona coordinazione: il movimento crea movimento! Un'anca libera dal dolore, forte e mobile abbastanza da consentire una buona qualità di vita è un traguardo raggiungibile dal paziente. La riabilitazione dopo l'intervento di protesi d'anca ha come obiettivi il recupero del movimento articolare, della forza muscolare, della coordinazione e dello schema del cammino. Tra gli altri obiettivi avremo anche: evitare la lussazione dell’impianto, recuperare il più possibile l’articolarità, prevenire i pericoli che possono derivare da un’immobilità prolungata e recuperare una funzionalità progressivamente maggiore fino a raggiungere l’autonomia. La prima fase del programma terapeutico è incentrata sulla riduzione del dolore, attraverso terapie antalgiche (tens, laser, ultrasuoni) e sul recupero dell’articolarità (con gli accorgimenti sopracitati) attraverso manipolazioni decontratturanti per i glutei, abduttori d’anca, quadricipite e tensore fascia lata e stretching specifico. Eliminato il dolore e migliorata la mobilità articolare è possibile iniziare la seconda fase del protocollo incentrata sul recupero muscolare. Verranno proposti esercizi specifici per il rinforzo dei glutei per favorire la corretta stazione eretta e la deambulazione, del quadricipite e dei muscoli del core. Recuperata oggettivamente la forza e la deambulazione corretta senza dolore è opportuno concludere il ciclo riabilitativo con l’ultima fase improntata sul recupero definitivo del gesto funzionale, che varia da persona a persona.

FRATTURA del FEMORE 

L’artrosi dell’anca o coxartrosi è una malattia degenerativa dell’articolazione tra il bacino e il femore (coxo-femorale).

Si tratta in particolare dell’infiammazione e della degenerazione della cartilagine che ricopre l’articolazione dell’anca.

I tentativi di riparazione naturale del corpo accentuano la formazione di ossificazioni periarticolari, i così detti osteofiti, che finiscono per ostacolare meccanicamente il movimento riducendo gli spazi articolari.

L’artrosi all’anca può insorgere su articolazioni sane o essere conseguenza di malformazioni o traumi, è più frequente nelle donne e nei pazienti in sovrappeso. Ci sono poi alcuni fattori che aggravano il fenomeno dell’artrosi precoce come ad esempio l’attività lavorativa svolta, la perdita di calcio nelle ossa, la conformazione dell’articolazione e l’atteggiamento posturale che l’articolazione assume durante le attività quotidiane.

Nei casi molto avanzati di artrosi dell’anca, quando i sintomi diventano invalidanti, si può optare per l’intervento chirurgico di protesi d’anca.

In genere l’intervento viene consigliato in pazienti oltre i 60 anni, sia in considerazione della durata delle protesi, sia perché con l’età la richiesta di prestazioni fisiche è minore.

L’intervento di protesi d’anca permette il recupero di una buona qualità di vita, e la risoluzione del dolore con una durata della protesi che supera i 10 anni nel 90% dei casi.

 

Le fratture non trattate adeguatamente possono dare luogo a complicazioni che comprendono artrosi post-traumatica, infezioni, deformità, rigidità articolare ovvero la difficoltà a muovere correttamente l'arto.

La prima fase del programma terapeutico è incentrata sulla riduzione del dolore, attraverso terapie antalgiche (tens, laser, ultrasuoni) e sul recupero dell’articolarità (con gli accorgimenti sopracitati) attraverso manipolazioni decontratturanti per i glutei, abduttori d’anca, quadricipite e tensore fascia lata e stretching specifico. Eliminato il dolore e migliorata la mobilità articolare è possibile iniziare la seconda fase del protocollo incentrata sul recupero muscolare. Verranno proposti esercizi specifici per il rinforzo dei glutei per favorire la corretta stazione eretta e la deambulazione, del quadricipite e dei muscoli del core. Recuperata oggettivamente la forza e la deambulazione corretta senza dolore è opportuno concludere il ciclo riabilitativo con l’ultima fase improntata sul recupero definitivo del gesto funzionale, che varia da persona a persona.