ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE
La rottura del legamento crociato anteriore (LCA) è un grave infortunio che affligge soprattutto la popolazione sportiva in discipline ad alto impatto come il calcio, lo sci, il volley, il basket e il rugby.
La diagnosi si basa sul racconto del paziente che riporterà la meccanica del trauma, e sull’esame clinico che si avvale di opportuni test per valutare la stabilità passiva del ginocchio.
Nella maggior parte dei casi viene richiesta una risonanza magnetica (RMN) per valutare anche eventuali lesioni associate a carico dei menischi, dei legamenti collaterali e della cartilagine.
Nel caso di rottura del legamento crociato anteriore (LCA), si può scegliere se operare o meno a seconda di: età del paziente, grado di instabilità, presenza o meno di lesioni associate e livello di richiesta funzionale.
In entrambi i casi la riabilitazione è fondamentale per un adeguato recupero.
La ricostruzione chirurgica del LCA può avvenire con diverse tecniche, le più frequentemente utilizzate sono:
- Ricostruzione con tendini del semitendinoso (ST) e gracile (GR)
- Ricostruzione con tendine rotuleo
- Ricostruzione con allograft (tendine da donatore)
In tutti i casi la riabilitazione in studio difficilmente si esaurisce prima dei 6 mesi, per protrarsi di almeno altri 3 sul campo prima di tornare alla competizione.
I rischi di un approccio chirurgico sono tutti quelli correlati ad ogni intervento, in più abbiamo abbiamo un aumento del rischio di lesione ai flessori del ginocchio indeboliti con l’approccio STG, un rischio di maggiori tendinopatie con l’approccio rotuleo. Il rischio più alto di sviluppare artrosi di ginocchio in età più avanzata è correlato all’infortunio in sé e non all’approccio riabilitativo scelto: lesioni trattate chirurgicamente con la ricostruzione hanno lo stesso rischio di sviluppare artrosi di quelle trattate con approccio non chirurgico.
I nostri fisioterapisti specializzati in fisioterapia sportiva hanno approfondito l’ambito della gestione dell’infortunio pre e post intervento: seguendo la letteratura scientifica l’approccio migliore sarebbe quello di iniziare una riabilitazione post-infortunio rimandando l’intervento di 2-3 mesi, in questo periodo sarà possibile, insieme al chirurgo, valutare se il ginocchio è in grado di reggere alla richiesta funzionale che la persona presenterà in caso positivo il ritorno è previsto nel giro di altri 1-2 mesi (4-5 mesi in totale) in caso contrario si andrà avanti almeno 5-6 mesi post-intervento in studio e altri 3-4 in campo per un ritorno alla competizione in sicurezza. Il trattamento prevede un lavoro attivo, in palestra, da parte del paziente già dalle prime fasi, con un controllo del gonfiore e recupero dell’articolarità (in primo luogo l’estensione) e di ripresa dello schema del passo. Parallelamente si può iniziare precocemente la fase di recupero della forza di anca, glutei, quadricipiti, flessori di ginocchio e adduttori e della stabilità del ginocchio stesso. Recuperata la forza si passerà al recupero della corsa e del salto e successivamente al recupero della gestualità sul campo.
ARTROSI GINOCCHIO E PROTESI
L’artrosi del ginocchio o gonartrosi è un processo molto frequente, di carattere degenerativo, caratterizzato dall’usura e dall’invecchiamento della cartilagine che ricopre le articolazioni, ma si può manifestare anche in giovane età, se originata da lesioni traumatiche non trattate correttamente in età giovanile, può essere anche riconducibile a malformazioni congenite o acquisite.
È più frequente nelle donne, e nei pazienti in sovrappeso. Esistono poi particolari attività lavorative che dimostrano quanto la ripetizione di alcuni gesti, una postura viziata, il sovraccarico funzionale possano, a lungo andare, produrre danni articolari irreversibili.
In casi dove ormai la qualità della vita del paziente è compromessa dal dolore e dalla limitazione funzionale si può arrivare alla protesi.
In genere si consiglia l’esecuzione dell’intervento di protesi di ginocchio in pazienti oltre i 60 anni, sia in considerazione della durata delle protesi, sia perché con l’età la richiesta di prestazioni fisiche è minore.
La chirurgia protesica dovrebbe essere ritardata il più a lungo possibile nei pazienti che continuano a conservare una funzionalità sufficiente ed hanno un dolore tollerabile.
I rischi legati ad un’artrosi precoce sottovalutata sono legati all’inevitabile peggioramento del quadro clinico fino ad una degenerazione tale della qualità della vita da arrivare alla necessità di una protesi in giovane età, che comporterà quasi sicuramente almeno una revisione chirurgica nel corso del tempo.
Un trattamento riabilitativo ben condotto può migliorare la qualità della vita, mirando alla riduzione del dolore, al recupero della funzionalità articolare, alla ripresa di una vita attiva, ed al rallentamento dell’evoluzione della malattia. Risulterà una parte fondamentale della terapia l’informazione del paziente riguardo alcune norme elementari di prevenzione: calo ponderale, riduzione di lavori fisici eccessivi e sollecitazione di attività fisiche e sportive più congrue. La riabilitazione dopo intervento di protesi di ginocchio ha come obiettivi il recupero dell’articolarità, della forza muscolare, della coordinazione, e dello schema del cammino, tanto più difficili da ottenere quanto più la situazione dell’arto prima dell’intervento era compromessa. È importante chiarire che questa patologia è cronica e ingravescente per cui non possiamo guarirlo, ma possiamo però insegnare al nostro paziente a conviverci senza dover troppo soffrire e senza dover rinunciare completamente alle attività fisiche. In una prima fase cercheremo di controllare i sintomi con terapie fisiche (laser, ultrasuoni, tecar) e terapia manuale. Ridurre il peso con adeguati consigli alimentari dati dalla nostra nutrizionista e esecuzione del test di soglia per individuare le frequenze cardiache idonee per l’allenamento aerobico. Il potenziamento muscolare giocherà un ruolo fondamentale nel recupero: nell’impostare il trattamento si eseguiranno dapprima esercizi cauti e blandi di rinforzo del quadricipite, dei flessori e del polpaccio; contemporaneamente si può iniziare l’attività aerobica consentita ed esercizi per migliorare la stabilità del tronco. Se non compare dolore durante l’esecuzione degli esercizi si potranno iniziare esercitazioni anche in campo atte a portare il paziente al ritorno delle attività quotidiane e anche sportive praticate in precedenza, con cura e attenzione alla qualità del movimento.